mercoledì 1 giugno 2016

ESTATE INVERNALE

Passo dopo passo, tempesta dopo tempesta, incombe l'estate.
Termina il periodo scolastico in cui ci si alza controvoglia sfilando lentamente il piumone caldo, si defila la stagione fredda e secca per lasciare il posto all'afa e all'umidità.
Mi affaccio dalla finestra e penso, sono libero e nudo mentre faccio un profondo tiro di lucky strike blu, mentre il mio corpo non ha i brividi e non ha i muscoli tesi e ha la mente sgombra.
Sono qui, immobile mentre guardo il panorama, non sono felice. Sento la mancanza del tepore domestico, delle risate tra amici trasferitisi nelle località marittime, della birra il mercoledì sera.
Sento che il mare e la gente saranno solo di passaggio, una storia estiva non farà altro che farmi perdere la testa per poi essere bocciato all'esame, in ogni caso ci starò male per entrambe le cose e i miei ormoni esploderanno e il mio stomaco si contorcerà fin quando non suoneranno le campane d'autunno. Odo, odo il il fruscìo dello scirocco, delle foglie dei sempreverdi che mi chiedono quanto ne possa valere la pena interrogarsi sul senso della vita se all'estate spetta il compito di indurre l'essere alla distrazione.
Proprio ora, mentre sono spoglio, denudato dei miei pensanti maglioni di lana e delle felpe e delle giacche, mi chiedo perchè l'estate mi debba far soffrire, mi chiedo perchè il mio cervello continui ad andare controcorrente e perchè ogni magnifica estate mi sembra di tremare come fosse inverno.


venerdì 27 maggio 2016

SENTIMENTAMBIENTI


Un uomo, un essere
Questo sono 
Provo malessere
Quando m'innamoro

Il vento afoso
Annuncia l'estate
In un sentiero ombroso
Rimembro le emozioni passate

Vivo gli ambienti
In ogni ricordo 
Ma i miei sentimenti
Non sono d'accordo.


giovedì 26 maggio 2016

LA TEORIA DEL GIUSTO

Una semplice figura corporea, un animale, è questo che dovremmo essere se non fossimo dotati di ragionamento.
Eppure dal momento in cui l'uomo è divenuto tale, elevandosi attraverso l'uso degli arti e comprendendo la funzione della natura ha trovato davanti a se la medesima situazione da parte degli altri.
A vivere non siamo soli, perciò rapportarci con gli altri spesso diviene necessario.
Il singolo ora è società, una piccola molecola alla quale è affidato un compito, una posizione dentro il collettivo.
A questo punto entra in gioco il ragionamento, la coscienza del singolo.
Ogni uomo decide se subordinare il suo pensiero a quello degli altri o, nonostante vada in netto contrasto con la massa, perseguire i suoi obbiettivi portando avanti l'ideale che lo rappresenta.
Entrano perciò in gioco due circostanze:
1- Si sviluppa un apparato molto simile a quello di Hobbes, l'uomo non è valorizzato e in più non valorizza se stesso, è un semplice suddito, messo in ombra dalla figura del Leviatan, colui che prevale sull'insieme.
La coscienza, l'idea del singolo è offuscata dal sistema.
Collocando quest'idea nel contesto odierno ci accorgeremmo di come, nonostante l'esistenza di una repubblica e di uno stato socialmente avanzato, metaforicamente parlando, il Leviatan possa essere rappresentato dalla massa stessa.
Il sociale è facilmente paragonabile a quella tirannide descritta dal noto filosofo inglese del settecento.
Non si tratta di un soffocamento a livello istituzionale, giuridico, è opportuno precisare che tale insieme di individui tende a condizionare il singolo attraverso opinioni, pareri che implicitamente sottintendono un disappunto o una critica.
In altre parole, nei nostri giorni è il pensiero che condiziona.
In questa prima circostanza l'individuo potrebbe anche essere valido mentalmente, ma è facilmente influenzabile, perciò qualsiasi sua idea innovativa perderebbe valore, verrebbe in ogni caso "Sporcata" dall'opinione pubblica che rappresenta la stragrande maggioranza.
L'uomo si sente quindi una minuscola figura, ha paura di far valere i suoi ideali, anche nel caso in cui questi ultimi siano una chiave per cambiare il mondo.
Ponendo fine a questa prima possibilità si potrebbe dire che: l'idea innovativa (ciò che l'uomo ha da dire indipendentemente dal giudizio degli esterni) è offuscata dall'idea collettiva (ciò che gli esterni hanno da dire indipendentemente dal giudizio del singolo).
Seguendo questo schema, il Giusto (l'insieme di idee oggettivamente valide per far progredire la società) perde il suo valore.
Traendone le conclusioni, la società stagna in una posizione fissa, restando immobile all'infinito.
2-Per rimuovere la società da tali "Sabbie mobili" entra in gioco l'individuo che detta la seconda condizione. Quest'uomo prende il nome di "Coscienzioso", il quale attraverso le sue numerose virtù, riesce a far prevalere "L'idea innovativa" su "L'idea collettiva".
Ciò lascia presupporre che quest'ultimo agisce indipendentemente dall'idea della collettività, dando ascolto all'intelletto e attribuendo importanza al progresso della società.
Egli non teme dunque condizionamenti, critiche o derisioni, è un essere indipendente e agisce solo in funzione del sociale.
"Il giusto" è ora compiuto, la società torna a progredire evadendo dal ciclo in cui si trovava in precedenza.
Proprio adesso, chiunque si trovasse a leggere questa teoria, potrebbe pensare: "Chi mi dice che il singolo abbia ragione e che il collettivo abbia torto?". A questa domanda si potrebbe rispondere incentrando ancora una volta il ragionamento sull'Uomo coscienzioso.
In quest'ultimo la virtù detta legge, ciò significa che il suo valore ideale è talmente alto da agire pur contrapponendosi alla massa, perciò non potrebbe mai unirsi ad essa.
Il "Coscienzioso" è quindi incondizionabile e come tale crede fermamente nella sua idea. Non si potrebbe dire la stessa cosa del collettivo, il quale, pur partendo da un'idea, è formato da figure che agiscono prevalentemente per convenienza, non di certo perchè esclusivamente credono nell'ideale.
Come ci spiegheremmo il fatto che l'individuo coscienzioso possa rimanere solo in tutto e per tutto?
Semplice, perchè la sua idea non entra nei canoni di convenienza.
Ecco quindi la comparsa di un altro elemento: "La convenienza".
Da ciò traiamo una conclusione: l'individuo agisce per interesse, il collettivo per convenienza.
Ciò vuol dire che sarà sempre l'individuo coscienzioso a cambiare la società, la massa sarà per sempre condannata a restare all'interno di una mentalità retrograda e opportunista, la quale non porterà mai avanti il mondo.
Attraverso questa teoria si dimostra il fatto che, nonostante ci si trovi in un contesto allargato come la società, è sempre la componente legata ai valori umani a fare la differenza, a volte il singolo vale più di un gruppo di mille, ciò che conta non è la quantità legata all'idea, ma sarà sempre la qualità.




mercoledì 25 maggio 2016

NOSTRA ITALIA: ISTRUZIONI PER L'USO

Fu così che il 25 maggio 2016, ci ritrovammo in una selva oscura, che la diritta via era smarrita.
Ah, povera Italia, un tempo ricca di πάθος, cultura, arte genuina, politica rispettabile e ambita gestione.
Migliore al mondo millenni orsono, sempre peggiore nel corso dei secoli, malata e penalizzata per lo scarso comportamento ed esile personalità.
Leonardo ci salvò, Dante forse, semmai Leopardi.
Chiunque fosse passato di lì si sarebbe fatto una scorpacciata di cozze qua e là per poi abbandonare la nave, cosa c'è di male? È infondo cosa di tutti interessarsi a ciò che conviene per poi perdere l'interesse quando un filo di convenienza più non c'è.
Dunque, ci scavalcò la Germania, la Francia, l'Inghilterra, via via qualunque tipo di concorrenza rubò il pane dalle nostre mani e la speranza e la tecnologia e l'arte.
La cultura fu l'unica cosa che ci rimase, ma anch'essa, sentendosi sola, scappò a gambe levate nelle braccia del progresso.
Così, in preda all'ignoranza rendemmo possibile l'ascesa di uomini folli al potere, via via l'ascesa degli uomini "Dalle auto blu" e dai sorrisi SOCIAL-isti.
Niente di meglio che un selfie incoraggiante per aumentare il Pil e recuperare un debito plurimiliardario che ci affossa da tempo.
Ma ciò da noi è stato permesso, nient'altro che da noi, che ci sta bene, ci sta tanto bene farci pigliare in giro, basarci sulle apparenze e giudicare il monaco dall'abito, farci rubare gli spiccioli dal fondo della tasca e non ne vogliamo sapere di morire della patria come invece si faceva un tempo, non ne vogliamo sapere di ribellarci e smetterla di nominare e far nominare l'Italia "Buffona".

martedì 24 maggio 2016

FELICEMENTE IGNORANTE, TRISTEMENTE RAZIONALE

Adattarsi al mondo che ci gira intorno comporta un'attenzione spiccata allo sviluppo del sesto senso.
C'è chi lo ignora e vive nella beata ignoranza, chi invece riesce a porsi un domanda in più e uscire dal suo orto, sfociando nell'ambiente delle grandi metropoli.
È un pò come riferirsi ad un contrasto tra visione leopardiana e visione pascoliana, quindi contrapporre la sofferenza della mancata possibilità nell'oltrepassare la siepe, alla soddisfazione e al compiacimento del restare intrappolati in casa perchè la nebbia offusca la vista oltre l'orto.
La verità, cari amici, è che il mondo è pieno di scemenze, pieno di continui insulti e  false lodi, sta a noi sviluppare la capacità che ci permetta di vedere, sbrogliarci dal fenomeno che ci avvolge, sta a noi essere razionali e uscire dalle concezioni comuni della quali, ahimè, il mondo è pieno.
Il problema è uno solo a questo punto: quanto ci conviene farci sopraffare dalla razionalità? È meglio essere ignoranti forse? A questa domanda c'è chi una volta non esitò a rispondere "Nella vita mi basta un panino, la famiglia e un bicchiere di vino per stonarmi la sera", c'è chi invece si oppose fermamente e continuò a ripetere che avrebbe cambiato il mondo, ma una volta fatto ciò finì per ammalarsi o per cadere in una profonda depressione che lo portò a un veloce e improvviso suicidio.
La razionalità uccide, avvolge ciascuno di noi in vortice senza via di scampo, sta a noi capire che tipo di vortice possa essere questo. Sta all'umanista, all'intellettuale domandarsi quando possa convenire.
Perciò lascio voi la decisione: preferite passare una vita serena senza lasciar traccia, o soffrire ardentemente perchè l'umanità non taccia?

AZALEA pt. 3

In seguito ad un lunghissimo viaggio, ridotto a riposare come una sentinella, spalancarono le portiere dei vagoni che era giorno.
Il fetore inalato per intere notti fu immediatamente svigorito dall'aria gelida proveniente dall'esterno, i fiocchi di neve mi accarezzavano dolcemente il viso annullando la violenza inaudita delle SS che ci trascinavano giù con la forza, uno ad uno, mentre neppure eravamo coscienti.
Con le bocche dei fucili puntate sulle nuche, fummo costretti a percorrere un sentiero, al termine del quale sarebbe bastato un leggero colpo al cranio per finirci come conigli.
 Giunsi dunque ai piedi di una grande muraglia nel dicembre del 1944, eravamo in duecento tra ungheresi, ebrei e qualche italiano.
L'altezza si aggirava intorno agli otto metri, appariva quasi impossibile scorgere il contenuto di quel che pareva una fortezza, tra l'altro più di trenta uomini in divisa avvolgevano il perimetro come custodissero una quantità esorbitante di oro.
L'ufficiale che ci condusse fino alla vetta si avviò ad una procedura secondo cui tutti i prigionieri, me compreso, dovevano disporsi in  dieci file da venti una accanto all'altra, attendevamo di sicuro qualcuno, soprattutto perchè molto lentamente il grande portale posto di fronte a noi iniziò ad aprirsi lasciando intravedere l'interno.
A piccoli passi ma con espressione malefica si avviò verso di noi un omiciattolo lievemente stempiato, si rimboccò le maniche nonostante il freddo glaciale e trascinò i pugni incrociandoli dietro la schiena.
Posto esattamente di fronte a noi prigionieri, disgiunse il labbro superiore da quello inferiore inspirando aria gelida, apprestandosi perciò a formulare un discorso già meditato e ideato per chissà quante povere vittime.
Dalle prime sillabe compresi che il generale avrebbe parlato in tedesco, di sicuro avrei compreso qualche termine, ma la tensione incenerì ogni tassello delle mie conoscenze linguistiche perciò ruotai il capo di novanta gradi per cercare conforto negli sguardi altrui, sperando che anch'essi condividessero le mie sensazioni.











lunedì 23 maggio 2016

AZALEA pt. 2

Fu così che, dopo tale riflessione, ritrovai me stesso, ma nel vuoto, immobile.
Fino a qualche secondo fa mi ero smarrito, eppure ero sicuro di aver vissuto, certo di aver controllato il mio corpo e aver maneggiato sensazioni ed emozioni attraverso la mia anima.
Le stavo provando in quell'istante, le emozioni intendo.
Ero cosciente, ma non eccessivamente da rizzare le palpebre, manovrare il movimento degli arti o percepire il flusso del sangue.
La mia anima era attiva, forse ero morto, accasciato al suolo da qualche parte, non riuscivo a spiegarmi come mai il mio fisico fosse incontrollabile, privo di ogni stimolo.
Pensai, come mi era solito fare, che fosse giunta la fine, forse il mio compito era terminato, il connubio tra corpo e spirito era ormai disgiunto, almeno non avevo provato dolore.
Quasi soddisfatto, cercai di pizzicarmi ma..che stolto, non avevo più delle mani.
Non potevo restare per sempre in tali condizioni, diluire il pensiero con l'azione rende felice e dinamica l'esistenza, come avrei fatto a pensare in eterno?
Addentrandomi nei corridoi dell'inconscio mi parve di udire un leggero frastuono che tuttavia non era frutto del mio senno, derivava da qualche elemento esterno al mio essere.
Divenne sempre più chiaro quel timbro vocale che assillava il mio timpano, allora non ero morto, il mio udito era ancora funzionante.
Un leggero formicolio iniziò a pervadere l'alluce, per poi diramarsi attraverso le ginocchia, verso l'intero tronco.
"Steh auf!", violenti pestoni scaltrirono la mia schiena spoglia, iniziai a sentire il gelo propagarsi attraverso tutta la fragilità del corpo.
Come a seguito d'una scossa, le mie pupille assaporarono il gusto delle prime luci al mattino. Era un tedesco, se ne stava lì a torturarmi da mezz'ora sperando che mi alzassi, se fossi rimasto a terra per più di cinque minuti probabilmente mi avrebbe fucilato.
Sfortunatamente, anche quel dì i miei occhi avevano visto la luce del giorno, mi aspettava una pesante giornata di sforzo fisico, del resto era quello il motivo per il quale i nazisti si ostinavano nel volermi vivo.